domenica 14 maggio 2017

Anima rubata o persa?


Una riflessione ironica per prendere le distanze da certe brutte avventure...

Flavio Lappo, Anima imprigionata, acrilico su tela, 2012


Mi hai rubato l'anima” è un'affermazione che a prima vista fa bene, la considerazione di sé vola al massimo dell'altitudine consentita. “Caspita, gli ho rubato l'anima, sono una persona fuori dal comune e molto fortunata!” Poi capisci quanto sia impegnativa una simile sottrazione di sostanza volatile; sì, perché l'anima vola, non è stabile e necessita di cura, nutrimento, attenzione... tutto ciò che è utile per vivere nel modo migliore. E noi abbiamo voglia di un simile e oneroso impegno? Siamo pronti per dedicarci alla nuova missione? L'altro ci ha trasformato in ladri e, seppur per amore, siamo diventati dei fuori legge e forse per questo temiamo qualche ritorsione. Così ci predisponiamo alla nostra missione di moderne divinità dell'Olimpo e sull'altare dell'amore nutriamo in eterno l'anima rubata. Ma c'è il caso in cui l'altro ci racconta che ha perso l'anima, che le tante delusioni di questa vita matrigna l'hanno condotto ad una disperata ricerca di qualcuno da amare per essere riamato. Per non soffrire più, per trovare rifugio e dare rifugio. Insomma ti fa una testa così piena di lamenti uniti a buoni propositi seppur un po' troppo vittimistici: forse dovremmo fuggire per non trasformarci in una custodia per anime perse. Perché se cedi alla prima dichiarazione poi le altre le attirerai come lo zucchero sa agganciare le vespe. Insomma, diventerai una crocerossina o un barelliere per anime perdute o presunte tali.

Maria Giovanna Farina   ©Riproduzione riservata


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